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venerdì 2 novembre 2012

Niente Halloween nelle scuole russe “Pericoloso per la psiche dei bambini”




Fonte notizia : lastampa.it

Niente Halloween nelle scuole russe, troppo pericoloso per i bambini e la loro salute «psichica e fisica»: il ministero regionale dell’Istruzione a Krasnodar, Russia del Sud rurale e conservatrice, ha proibito zucche e fantasmi nelle scuole. Ovviamente non sono mancati pareri di psicologi, secondo i quali «i bambini che partecipano a questi festeggiamenti spesso si impauriscono, avvertono sentimenti di oppressione e aggressione, e sono inclini al suicidio», riporta un comunicato delle autorità. Ma soprattutto è una festa troppo americana, e al posto di vampiri e morti viventi le scuole sono state invitate a organizzare eventi «ispirati ai valori tradizionali russi.

Torna Halloween e torna puntuale il dibattito, che sembrerebbe quasi avvicinare la Russia ai suoi vicini europei nel chiedersi quanto la macabra festa di origine celtiche sia un’invenzione commerciale o un rito divertente di esorcismo delle paure dell’infanzia. Ma in Russia tutto è sempre politica, e festeggiare o bandire Halloween diventa anche un segnale di schieramento politico, di scelta dei valori. Fare lanterne di zucche o vestire il proprio figlio da Mercoledì Addams può diventare una dichiarazione polemica di preferenza dell’Occidente, della terribile America che ora viene accusata dal Cremlino, tra le varie altre malefatte, di finanziare e sobillare gli oppositori a Vladimir Putin. Resta da chiarire se i mostri autoctoni - di cui il folclore russo è ricchissimo, dalle versioni mangiauomini delle ondine ai mostri della foresta, alla terribile strega Baba Yaga che cucina i bambini nella sua stufa o al malefico Kashey che rapisce le principesse ed è immortale quasi quanto Putin alla sua terza presidenza - siano meno spaventosi e dannosi agli equilibri infantili di quelli importati. Senz’altro spaventano di più presidi e burocrati assortiti, terrorizzati dal venire accusati di propagandare valori “estranei”, come all’epoca del comunismo.

Nonostante questo, Halloween si festeggia allegramente, complici i film americani e Harry Potter. Pipistrelli, zucche e scheletri popolano le vetrine e i locali organizzano serate a tema, la festa si è ricavata uno spazio comodo nel pantheon già complicato e variopinto delle festività post-sovietiche. Nel calendario russo convivono pacificamente e assurdamente celebrazioni comuniste, religiose, storiche, che spesso e volentieri cambiano la loro natura originaria per diventare qualcos’altro, come le divinità pagane cooptate in qualità di santi dal cristianesimo delle origini. Così il 23 febbraio - giorno dell’Armata Rossa e anniversario della sua prima (fallimentare) battaglia nel 1918 - diventa pian piano la «festa degli uomini», che dalle autorità viene celebrata con film patriottici e lezioni di veterani a scuola, e in privato diventa una sorta di festa del papà con profumi e rasoi in regalo, la tardiva vendetta maschilista sull’8 marzo, trasformatosi negli anni a sua volta da rivendicazione della parità dei diritti al profumo di mimosa a un ibrido tra festa della mamma e San Valentino, l’unico giorno dell’anno in cui le donne (sovietiche e poi russe) venivano omaggiate, complimentate e soprattutto esonerate dai lavori domestici. Per tornare il giorno dopo alla montagna di piatti lasciata dai maschi che hanno festeggiato il trionfo del femminile.

Nel frattempo però è arrivato anche San Valentino, altro innesto americano che ha messo radici rapidamente nella terra della Santa Russia, con cuoricini, cioccolatini e cene romantiche. La confusione ideologica regna sovrana, con le date ereditate dal calendario comunista, come il 1 maggio, che non sono mai state cancellate per paura di perdere consenso. Per anni il 7 novembre, anniversario della rivoluzione (che porta il nome di Ottobre, nonostante si celebri a novembre), ha convissuto nel calendario con il 12 giugno, nuova festa nazionale, giorno dell’indipendenza (mai specificato da chi) e anniversario dell’elezione di Boris Eltsin come primo presidente russo. I ponti si moltiplicavano, e qualche anno fa il Cremlino ha osato cancellare l’imbarazzante ricorrenza del «colpo di Stato dei bolscevichi» come viene definito da alcuni nuovi manuali di storia, sostituendolo subito però - per non rompere le abitudini decennali - con il 4 novembre, anniversario della cacciata dei polacchi nel 1612 che ha segnato la nascita della dinastia Romanov. Evento troppo remoto per venire sentito come una celebrazione in cui ricongiungersi con le proprie radici, e anche di sapore vagamente monarchico. Ma alla confusione ideologica si aggiunge quella cronologica, visto che la chiesa ortodossa non riconosce il calendario gregoriano e continua a marciare con 13 giorni di ritardo, con il risultato che in Russia il Natale - tornato da una ventina d’anni come festività, insieme alla Pasqua, dopo 70 anni di ateismo di Stato - viene celebrato dopo Capodanno, e resta una festività sostanzialmente religiosa, mentre tutti gli attributi natalizi - albero, regali, cena - appartengono ormai da decenni all’ultimo dell’anno, la festa più amata, meno ideologica, l’unica che tutti i russi riconoscono, il vero momento di unità nazionale.

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