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mercoledì 12 novembre 2014

Gli Avvoltoi su Belgrado.


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Con un articolo "rubato" al sito Rinascita.eu, vogliamo ricordare uno delle tante "operazioni di pace" alla quale volle partecipare anche l'Italia. Protagonista di questa carognata, fù il democratico Massimo D'Alema. Il 24 Marzo 1999, "Baffino" era salito al soglio da soli 150 giorni, dopo aver fatto cadere Prodi, ma gli furono sufficienti per dichiarare guerra a Belgrado. (Guerra? Ma si può definire guerra un conflitto in cui muiono oltre 500 civili da una parte e nessuno dall'altra??)
D'Alema ordinò assieme alla NATO di bombardare Belgrado: 600 raid aerei al giorno per 78 giorni, oltre 500 vittime civili, ospedali, fabbriche, appartamenti, treni, autobus distrutti, un'economia al tappeto.


Tanto tuonò che piovve. I tuoni, inizialmente, erano quelli dei B52 che – correva l’anno 1999 – vomitarono tonnellate di bombe su quella che ancora era la Repubblica Federale di Jugoslavia, resa “colpevole”, grazie ai non meno letali “tuoni” di una propaganda martellante, di ogni peggiore malefatta e crimine internazionale (pulizia etnica, genocidio, e chi più ne ha più ne metta) e che nella realtà pagava duramente il suo non-allineamento internazionale e la sua volontà di non sottomettersi ai diktat di Washington e dell’alta finanza. Cessate le ostilità armate, e sottratta alla madrepatria la storica provincia kosovara, fu  la volta della “rivoluzione colorata”, con cui nell’ottobre del 2000 la piazza prezzolata coi dollari di Soros e delle agenzie spionistiche americane e ubriacata di sogni d’Occidente abbatté con la violenza il governo del legittimo presidente Slobodan Milošević. Preso il potere, i nuovi burocrati con la laurea a Oxford e il cuore a Nuova York ultimarono l’opera di distruzione smantellando tutto quello che era ancora rimasto in piedi dopo il passaggio delle fortezze volanti e dei manifestanti “arcobaleno”: fu quindi la volta della dismissione dello stato sociale, dell’impoverimento, dell’adozione dei costumi americaneggianti, dell’Agencija za Privatizaciju con cui si svendette ai pescecani delle multinazionali il patrimonio industriale, produttivo e commerciale della nazione. Dietro le disgrazie di questa eroica nazione, un responsabile ben preciso: il Fondo Monetario Internazionale. Non a caso, fu proprio presso la sede del Fmi che Bill Clinton, nell’ottobre dell’ormai lontano 1998, tenne un discorso in cui svelò apertamente le proprie intenzioni bellicose nei confronti di Belgrado. E fu proprio dopo la promessa di “aiuti” del Fmi che il governo golpista “colorato” decise di consegnare al tribunale internazionale dell’Aia il presidente Milošević. Oggi, tanto per cambiare, sono i dati e le proiezioni recessive del Fondo Monetario che stanno spingendo il governo del Paese verso una delle più rovinose manovre economiche della sua storia. Si tratta, naturalmente, di tagli allo stato sociale: tra le altre cose, e in un contesto di generale sbandamento dell’economia nazionale, stipendi pubblici e pensioni, già ridotti ai minimi termini, potrebbero subire riduzioni del 10%. Insomma, per la nazione balcanica, un caldo “benvenuti in Occidente”. A meno che, dalla Russia...

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