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venerdì 11 aprile 2014

L`Ungheria ha votato contro l`euro e l`Ue


Con 133 seggi – su 199 - acquisiti nel nuovo parlamento di Budapest al partito di maggioranza Fidesz, il primo ministro magiaro Viktor Orbán ha rinnovato per altri quattro anni il suo potere di governo in Ungheria. Alla coalizione guidata dal partito socialista sono andati altri 38 seggi. Mentre il partito nazionalista radicale Jobbik è balzato al 20,7 per cento dei voti (dal 15,86 delle precedenti elezioni) guadagnando gli altri 23 seggi.
La doppia vittoria di Orbán (centrodestra) e dello Jobbik, sono unanimemente considerati un rafforzamento del fronte nazionalista anti-Ue e anti-euro in vista delle prossime elezioni del Parlamento europeo.
Già il premier, Viktor Orbán, si è infatti distinto, negli anni del suo primo mandato per una forte politica di sovranità dell’Ungheria, non cedendo alle politiche del rigore indicate dalla troika Fmi-Bce-Ue e applicando direttive di controllo della gestione della banca centrale magiara, di tagli fiscali e di agevolazioni sociali (case popolari). Non solo, ma anche la nazionalizzazione dei fondi-pensione privati, l’applicazione di una tassa sulle grandi rendite, e un ammortamento a costi ristretti dei mutui popolari.
Nel suo programma per queste elezioni Fidesz ha promesso una rinazionalizzazione delle società produttive estere insediate in Ungheria, il trasferimento in mani magiare delle quote di controllo delle grandi banche d’affari, manovre sui cambi per mantenere il fiorino (la valuta ungherese) al di fuori delle restrizioni imposte dall’euro, dai vergognosi parametri imposti dagli inventori di Maastricht, del Mes (meccanismo di stabilità europeo) e dell’Erf (fondo di compensazione europeo).
a grande vittoria del suo Fidesz concede al primo ministro e alla sua rappresentanza parlamentare una maggioranza assoluta che permetterà l’annunciato voto per una riforma costituzionale che, sebbene per un solo voto, peraltro, potrà contare su un parziale sostegno dei nazionalisti di Jobbik.
Guardando poi in particolare a quest’ultima formazione – guidata dal lavoratore precario edile Gabor Vona e accusata di razzismo per le rivendicazioni territoriali delle “terre magiare irredente” e per le sue censure verso i rom – c’è da sottolineare come, al momento, si tratti, in percentuale, della maggiore forza nazionalista presente nel “cartello europeo”, guidato dai francesi del Front National di Marine Le Pen e partecipato dai partiti della Libertà olandese e austriaco (tutti dati tra il 20 e il 25 per cento), nonché, per quanto riguarda l’Italia, dalla Lega. Un fronte “no-euro”, “no-Ue” destinato a proporre forti incubi per il mantenimento del potere, tra Bruxelles e Francoforte, da parte della casta di eurocrati genuflessi ai voleri della finanza angloamericana.
La minoranza socialista è invece crollata ai suoi minimi storici. E il suo leader, Attila Mesterhazy, ha gridato alla “legge truffa elettorale” e al “veleno Jobbik”. 

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